Branch Davidians e Howell, Vernon Wayne (poi David Koresh) (1959-1993)

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Vernon Wayne Howell (David Koresh)

La storia dei davidiani prima di Koresh: Victor Houteff

Il movimento dei davidiani (davidians) nacque da uno scisma interno alla più vasta Chiesa degli avventisti del Settimo Giorno, e generato dall'immigrato bulgaro (ex ortodosso) in USA Victor Houteff (1885-1955) che aderì alla chiesa avventista nel 1918-1919. Intorno al 1929 questi iniziò a predicare idee alquanto in contrasto con quella della chiesa avventista ufficiale: egli credeva, infatti, il numero di 144.000 del libro dell’Apocalisse fosse l’esatto numero di eletti di Dio, quindi chiaramente non tutti i 300.000 avventisti del settimo giorno potevano essere eletti. Inoltre credeva di essere lui il messaggero di Dio che portava la descrizione della fine del mondo trascritta su una pergamena chiusa da sette sigilli e che la parusìa sarebbe avvenuto quando i 144.000 cristiani fossero stati purificati con la successiva fondazione del Regno di Davide.

La successiva pubblicazione del suo libro The Shepherd's Rod (La canna del pastore) tra il 1930 ed il 1932 e l’accusa agli avventisti del Settimo Giorno di avere una fede troppo “tiepida” lo misero in contrasto con la sua chiesa, che gli proibì l’insegnamento.
Houteff fu quindi costretto a lasciare la chiesa avventista e nel 1935 formò una sua setta (di circa 60 seguaci), denominata dapprima The Shepherd's Rod Seventh-day Adventists  (Avventisti del Settimo Giorno della canna del pastore), e poi dal 1942 Davidian Seventh-day Adventists (Avventisti davidiani del settimo giorno), il cui nome richiamava la restaurazione del Regno davidico. La sede, denominata Mount Carmel (in onore del Monte Carmelo biblico), era in un ranch, vicino a Waco, nel Texas.

Egli cercò di attirare il maggior numero di avventisti del Settimo Giorno (gli unici per lui eleggibili di entrare nel suo movimento), ma nonostante l’uso intensivo di mailing list e predicazioni in tutti i paesi, precedentemente evangelizzati dagli avventisti (Gran Bretagna, Australia, Nuova Zelanda, Caraibi), alla sua morte nel 1955, Houteff era riuscito a convertire circa 600 adepti, un numero ben lontano dei famosi 144.000.

I davidiani dopo la morte di Houteff

Dopo la morte del fondatore, la guida del movimento fu assunta dalla vedova, Florence, la quale profetizzò che il Regno di Dio in Terra sarebbe avvenuto il 22 aprile 1959, e che per quella data i fedeli si sarebbero dovuti riunire in una località nei pressi di Waco: l’annuncio provocò un’affluenza di centinaia di adepti, che vendettero tutti i loro beni, ma come spesso accade in questi casi di profezia non avverata, la delusione per la mancata fine del mondo suscitò una diaspora. Oltre alla perdita di coloro che abbandonarono la setta, il gruppo soffrì per lo scisma di un gruppo di adepti, che formarono una Davidian Seventh-Day Adventists Association (Associazione degli Avventisti davidiani del settimo giorno), tuttora esistente.

I pochi rimasti, dopo il ritiro di Florence Houteff, elessero come capo Benjamin (Ben) Roden (m. 1978), il quale denominò il gruppo General Davidian Seventh-Day Adventists Association (Associazione generale degli Avventisti davidiani del settimo giorno), che in seguito fu cambiato in Branch Davidian Seventh-Day Adventists (Avventisti davidiani del settimo giorno del ramo), dall’espressione di Roden: “Scendi dalla canna morta [allusione a The Shepherd's Rod (La canna del pastore)] e muoviti su un ramo (in inglese branch) vivo”.

La sua forma abbreviata, Branch Davidians, fu largamente utilizzata dalla stampa nei tremendi giorni del 1993, mentre i membri preferivano la denominazione Students of the Seven Seals (Studenti dei sette sigilli). Dopo la morte di Roden nel 1978, il gruppo conobbe una faida interna tra la fazione della vedova Lois Roden (m. 1986) [che aveva avuto delle visioni in cui le era stato rivelato che lo Spirito Santo era femmina (sic!) e che Gesù Cristo, durante la parusia, sarebbe comparso in terra come donna!] ed il figlio George, principalmente a causa di Vernon Wayne Howell.

Vernon Wayne Howell (poi David Koresh) e la dottrina poligamica

Vernon Wayne Howell nacque il 17 agosto 1959 in Houston (Texas), figlio della quattordicenne Bonnie Sue Clark e di un falegname ventenne, Bobby Howell, che dopo due anni abbandonò la compagna ed il bambino. Howell crebbe solitario con forti problemi di apprendimento, ma, entro i 12 anni, aveva già imparato a memoria l’intero Nuovo Testamento, anticipando quello che sarebbe stato uno dei suoi due chiodi fissi: la religione.
L’altra mania di Howell, che gli avrebbe procurato non pochi problemi, era il sesso, che praticava (escluso in un caso, quello di Lois Roden) con ragazze minorenni.

Infatti a 19 anni mise incinta una ragazza di 16, in seguito perseguitò un pastore battista, annunciando che Dio gli aveva detto che la figlia del pastore doveva diventare sua moglie: fu espulso dalla congregazione. Nel 1981 entrò nei Branch Davidians, dove, si dice abbia avuto una relazione con Lois Roden (che aveva 67 anni all’epoca) e grazie alla quale, divenne uno dei profeti del gruppo. Questa sua ascesa disturbò molto il figlio di Lois, George Roden, che non nascondeva le sue intenzioni di diventare il leader del gruppo. Nel 1984, dopo il suo matrimonio con la quattordicenne Rachel Jones e dopo l’ennesimo scontro verbale con George Roden, Howell fu costretto a lasciare Mount Carmel (pare sotto la minaccia delle armi) con una ventina di seguaci per stabilirsi a Palestine, una località a 145 chilometri da Waco.

Giusto per non smentirsi, dal 1986 Howell iniziò a predicare e a mettere in pratica la poligamia: nel marzo dello stesso anno decise quindi di prendere come seconda moglie la tredicenne Karen Doyle, mentre in agosto ebbe una relazione con Michelle Jones, sorella dodicenne (sic!) di sua moglie. Del resto egli era convinto di avere diritto a 60 mogli, 80 concubine e un numero illimitato di amanti, secondo una sua personale interpretazione di un passo del Cantico dei Cantici (6,8):
Sessanta sono le regine,
ottanta le altre spose,
le fanciulle senza numero
.

A riguardo egli elaborò una dottrina poligamica (valida però solo per lui, e non per i suoi seguaci!), denominata New Light (Nuova luce), secondo la quale una futura figlia di Karen Doyle, chiamata Shoshanna, avrebbe dovuto sposare il primogenito di Koresh, Cyrus, ma poiché la figlia di Karen tardava a venire, Howell pensò bene di trasferire la sua attenzione sulla sorella di Karen. Negli anni successivi egli continuò imperturbabile ad accumulare mogli: pare fosse arrivato alla cifra di 19 spose, dalle quali ebbe circa 12 figli. In particolare, dal 1989, egli obbligò le mogli dei suoi accoliti (che dovevano essere celibi secondo la dottrina del New Light) a separarsi dai propri mariti per diventare sue mogli.

Lo scontro con George Roden

Nel frattempo, il 3 novembre 1987, George Roden, in crisi di seguaci, lanciò la sfida ad Howell di poter resuscitare i morti e, all’uopo, fece effettivamente dissotterrare un cadavere. Howell si recò con sette suoi seguaci a Mont Carmel, secondo la sua versione, per documentare un caso di abuso di cadavere, ma sta il fatto che la visita finì in una sparatoria, in cui Roden fu ferito. Howell e i suoi furono arrestati per tentato omicidio, tuttavia furono prosciolti nell’aprile 1988.

A Roden andò peggio: imprigionato nel 1988 per vari motivi (mancato pagamento delle tasse e disprezzo verso la corte), il 16 ottobre 1989 spaccò con un colpo d’ascia il cranio ad un suo seguace, Dale Adair, perché, secondo Roden, questi era stato inviato da Howell per ucciderlo. Roden non fu ritenuto colpevole per infermità mentale, comunque fu ricoverato in un ospedale psichiatrico, dove non ne uscì più morendovi nel 1998.

Howell cambia il nome in David Koresh

Sgomberato il campo da parte del rivale, Howell rilevò il ranch di Mount Carmel (da lui, molto significativamente, ribattezzato Ranch Apocalisse) a Waco, dove si trasferì con i suoi seguaci. Nella primavera 1990 egli decise di cambiare il suo nome in David (in ricordo della casa biblica di Davide) Koresh, la traslitterazione ebraica di Ciro, il nome del re persiano, che permise agli ebrei deportati a Babilonia di ritornare nella loro terra.

Tuttavia, in quegli anni, aumentò l’interesse dei media, ma anche delle autorità, verso la setta di Koresh, a causa delle accuse di abuso su minori e violenza carnale. Questo provocò l’uscita di diversi membri del gruppo (per esempio la maggioranza dei seguaci australiani e neozelandesi), i quali alimentarono le voci di un comportamento sempre più stravagante di Koresh.

La tragedia

In seguito ad un’inchiesta nel 1992 del Bureau of Alcohol, Tobacco and Firearms (ATF) (l’Ufficio del Ministero del Tesoro statunitense per il controllo su alcol, tabacco e armi da fuoco), che accertò che i davidiani avevano acquistato un controvalore di $43.000 in armi, bombe e munizioni, e ad una serie di allarmati servizi giornalistici da parte del Waco Tribune Herald, il 28 febbraio 1993 un gruppo di 76 agenti dell’ATF cercò di arrestare Koresh per violazioni delle leggi sulle armi da fuoco.

Che cosa sia successo non si sa: ad un certo punto scoppiò una violenta sparatoria, che lasciò sul campo 6 davidiani e 4 agenti morti, oltre a svariati feriti.
Gli agenti ATF si ritirarono per lasciare il posto all’FBI, che diede luogo ad un assedio di 51 giorni. Molti fonti hanno successivamente criticato la gestione di questo delicatissimo momento da parte dei federali, che, pare, non hanno tenuto conto del parere di autorevoli esperti di sette religiose e di psichiatri. Le pressioni psicologiche (veniva trasmessa a volume assordante musica 24 ore al giorno) e le trattative portarono comunque alla possibilità che 14 adulti e 21 bambini lasciassero il ranch.

Rimanevano 85 persone, incluso Koresh, che sembra fosse stato ferito da un colpo di arma da fuoco. Egli tergiversò per giorni, esigendo che fosse mandato in onda un suo nastro e che potesse finire la stesura di un documento sui Sette Sigilli, prima di far arrendere gli assediati nel ranch.
La situazione precipitò la mattina del 19 aprile 1993: i federali utilizzarono due veicoli corazzati per avvicinarsi al ranch e praticare delle brecce nel muro allo scopo di lanciare all’interno dei lacrimogeni. Poco dopo, intorno a mezzogiorno, il ranch prese fuoco in diversi punti: i vigili del fuoco, fermati dall’FBI perché temeva che potevano essere uccisi dagli assedianti se si fossero avvicinati al ranch, poterono intervenire solo 40 minuti dopo, quando non c’era più niente da fare.

Nel rogo morirono circa 76 davidiani (il numero esatto è difficile da definire per lo stato dei corpi carbonizzati), inclusi 17 bambini sotto i 12 anni e Koresh stesso, mentre solo 9 adepti, spesso gravemente ustionati, riuscirono ad uscire in tempo dall’inferno di fuoco: di questi sopravvissuti cinque persone furono successivamente condannate a pene detentive tra i 10 ed i 30 anni di reclusione per concorso in strage e uso di armi da fuoco.

Le polemiche successive

In seguito le polemiche su chi avesse materialmente provocato il fuoco divamparono ancora di più dell’incendio stesso: la commissione, presieduta dal senatore John C. Danforth, arrivò alla conclusione che l’unico responsabile di tutto era David Koresh, il quale deliberatamente aveva fatto appiccicare il fuoco come atto finale di un suicidio (e omicidio) di massa, ma altre fonti accusano l’imperizia degli agenti federali: l’edificio avrebbe preso fuoco quando sarebbe stato lanciato al suo interno una granata incendiaria da parte dell’FBI, o, la manovra di sfondamento delle pareti avrebbe provocato involontariamente la caduta di una lampada a gas accesa su materiale altamente infiammabile. A questo si aggiunge la grave accusa che gli agenti federali non solo avrebbero impedito ai vigili del fuoco di avvicinarsi all’edificio in fiamme, ma avrebbero, addirittura, aperto il fuoco su chiunque tentava di fuggire dal rogo. Questa tesi è stata propugnata da un gruppo di membri della setta, non presenti nel ranch al momento della tragedia, e dai familiari delle vittime, che hanno citato in tribunale il Governo Federale degli USA.

I davidiani oggigiorno

Sembra incredibile, ma il movimento davidiano è sopravvissuto al rogo di Waco, ed è diviso in due gruppi: l’uno, che disconosce l’operato di Koresh, ha eretto un museo sul luogo della tragedia, l’altro, di circa 24 membri, cerca di interpretare la tragedia come profezia biblica, e afferma che Koresh ritornerà sulla Terra (pare nel marzo 2012).